Iago
Opera 1^ classificata
Il biancospino
Il patriarca vuole i suoi quadri appesi alle mie pareti.
Ma io ascolto, osservo ed aspetto.
Il parco dei sogni è invaso da illusi giardinieri che decidono le sorti della
Libertà.
Il vento parla di battaglie da combattere e di cuori da uccidere.
È tempo di cambiare le leggi.
I controllori sono ben nascosti e tramano nell’oscurità, pronti a
Distruggere quello che i loro sensi non comprendono.
Vita da finto felice, è per chi pulisce i suoi occhiali e prenota un posto per
L’obitorio.
La lista è lunga.
Nel parco dei sogni, il biancospino resiste ai veleni ed ai fianchi accesi dai
Dormienti.
Nessuna musica né poesie per la loro vacuità.
Il prato è pieno di disperati in cerca del potere, sogno ambito per gli
Schiavi d’immagine.
Ignoranti e senza conoscenza, che annaspano come naufraghi, in un mare
Di detriti.
Nel parco dei sogni, il biancospino apre i suoi fiori solo ai meritevoli, agli
Animi nobili ed ai ricchi di spirito.
Sono i cercatori.
Seguono l’umiltà della formica e l’astuzia del serpente per sfuggire alla nullità.
Hanno danzato con i diversi, addolcito i mostri e placato i tormenti dei
Senza- Dio.
Arrivano con la cacciata del levante e portano nuovi sogni da trapiantare
Nel parco.
È loro che io aspetto.
Ho voglia di cambiare le leggi.
Ho voglia di vedere il fiore del biancospino.
Per continuare a vivere.
Per continuare a… sognare.
Rosanna Spina
Opera 2^ classificata
E allora
Questo silenzio – giuro – io lo uccido.
Ne troverete il sangue
Nei miei occhi
(dissuasi e muti).
E la dolente canzone dell’eco alle pareti
Vi distoglierà
Dall’anima incartata
Nel cellophane etereo
Delle ditanze.
Un fremito improvviso
Scuoterà le colpe.
Ma io vi assolvo.
- pena non sa infliggere
il mio amore -.
Quello che ho perso,
lasciato ha il calco esatto
nell’anima che duole.
Ma un soffio caldo, dolce
Ci accarezza.
Ognuno tornerà all’incompiuto.
Allora si dirà del pianto
Che non è nulla,
che non è mai esistito.
Mirella Morara
Opera 3^ classificata
Lettera a Silvana
Ogni mia croce,
tua croce,
rasenta i muri
tra artigli impigliati.
Là, dove meglio credi
Dove non spendi
Che qualche parola,
un abbraccio mi toglie
il troppo di questo giorno.
Riflessa la voce,
gli stessi passi.
Io taccio di piccole spighe
Nei tuoi occhi
Quando guardi nei miei fondali
Di grano incolto.
E ascolti di ossa
E scheletri che ho raccolto,
e favole
che vorrei raccontare.
Sponde ancorate a piccole
Profonde parole
Ti apettano ogni sera,
quando apri e richiudi
porte di stanze
disabitate.
Maurizio Gramegna
Opera 4^ classificata
Terra, aria, acqua e fuoco
E’ terra
Ad incrostare fieri, ignoti volti, operai della guerra
Quella terra di tapioca e riso nutrice culla
Di zolle arse, sudate colline e sepolture
È aria
A sventolar stendardi, sostenere folgoranti ali
Quell’aria che agita i capelli di vocianti bambini
Di fischi e sibili in anfratti, di bora, calle e di nuraghe
È acqua
Ad inzuppar trincee, rabbrividir velleitari giacigli
Quell’ acqua madre, che generò la vita
Di antichi fiumi, di sacre libagioni e naviganti
È fuoco
A spinger piombo in innocenti carni
Quel fuoco docile, che mani e volti di anime indifferenti
Accarezza nell’oblio d’ignari camini
Fabio Massimo Amoroso
Opera 5^ classificata
Istanti, Diamanti
Io sono un audace ladro di tempo.
Mi aggiro furtivo intorno a te,
cercando di sottrarti manciate di secondi preziosi,
che ripongo in fondo al mio zaino.
Di tanto in tanto, a casa,
al riparo da occhi indiscreti,
rovescio la mia refurtiva sul tavolo
e l’ammiro incantato.
Sono istanti splendenti come diamanti:
in uno vedo il riflesso dei tuoi occhi sinceri,
un altro mi abbaglia col tuo dolce sorriso,
eccone un terzo che mi parla con la tua voce.
C‘è un brillante per i tuoi pensieri
E uno per i tuoi desideri.
No, non esercitare mai
Il tuo legittimo diritto di proprietà:
secondo la legge del mare,
queste gemme accese d’amore,
ormai sono mie.
Claudio Fichera
Opera 6^ classificata
La corte indegna
Oziato sulla sommità del poggio fisava
e, tra itinerari miseri, imbastiva certi ricordi
Turbati dallo scalpore di assordanti boai,
padri per abissali sterri, solo ieri colmi asili.
Vacillava nell’angoscia di meritare la notte,
nomade nel sordo rammarico di una fuga
oggi diradata, ma non ancora riassunta,
reo per un volume che non coglie il plauso.
Epoche di tribolazioni negate all’abitudine
di giorni dissonanti avvelenrati dalla morte,
un abile carnefice istruita da grigi sortilegi
e infida concubina gravida di perverse mire.
Procedevano pigre le ombre di un nubifragio,
forse inesauribili gabbiani a caccia di alimento,
ovvero malvagi predoni in cerca di un’ammenda,
dove svagato ogni passo cagionava un’estinzione.
In quel mutismo assorto tesseva il suo riscatto
nell’intima preghiera che mai può capitolare
per una rinascita che imperativa ricolma l’anima,
quando irriguardoso è un giudizio a condannare.
Perenne approda il tramonto, invito alle barbarie,
il letargo scosso riporta la vita e sollecito decade,
un pretesto di irridolte scelte licenzia le insicurezze
di chi un disertore addita, ma il vagabondo scopre…
Maurizio Maglia
Opera 7^ classificata
Sboccia in silenzio un sorriso
Sull’ingenua bocca di marmo
S’adagia il velo del sonno
Sugli occhi e sul morbido seno
Leggera scrive la penna
Quel corpo dal vento baciato
Danza sicura la Danza
Su quel corpo da sempre danzato
Danza su terra bagnata
E su quel sogno da sempre sognato.
Figlia troppo leggera della danza
Danzi da una vita sul filo dell’bisso
Ma i tuoi passi sono sempre decisi
E protetti come un fanciullo nella culla
Cos‘è, se non un miracolo, il delle tue ali
Rsistere al fuoco di chi solo cammina?
E tutti come specchi lasciati a guardare
E come specchi con la tua immagine svanire
Attecchiscono su te pensieri d’amore
Come su benedetta terra fertile
E come bimbi crescendo ingenui sorridono
Aspettando un sole che può solo scaldali
Aprirei il tuo petto con le mie dita
Leccherei il tuo cuore sulla punta turgida
Mentre tu scendi come miele caldo sul mio,
Grumo di carne gelata nero come un livido
Attori in questo teatro imprevisto
Accarezziamo una tigre che dorme
Scambiandoci brevi baci silenziosi
Che per poco distraggono il tempo.
Michela Salice
Opera 8^ classificata
Sentimi
Come battito di ali
Che si leva dal nido
Sentimi
Viva rondine che migra
Frastuono di petli schiusi
Sentimi
Fluire azzurra
È il mare che divide
Contatto denso tra i nostri cuori
Lontani fratelli uguali
Sentimi
Pulsare nelle tempie
Risalire le tue vene
Arrivare fino al centro
Del tuo amore
Sentimi
Ossessione sulla pelle
Come il sole che brucia d’estte
E acuqa salata da baciare
Sentimi
Come un laccio che stringe
Come dubbio che ti assale
Come voglia di tornare
Sentimi
Come il swing di una vecchia canzone
In una notte di giugno gonfia
Di mille parole ancora da dire.
Manuela Zazzara
Opera 2^ classificata
Parole in movimento
Cosa ci rende uguali
Nel groviglio del mondo
Che i secoli ricordno
Come paradiso terrestre?
Tra le mani lo sfacelo umano
Sgretola, precipitato,
in un soffio di polvere.
Il sorriso del volto giace, impoverito,
dalla sterilità del tempo.
Tra le cilgia alcuna meravilgia
Alla gelida danza dell’indifferenza!
Allora
Cosa ci rende uguali
Ai gialli, ai bianchi, agli africani?
Parole in movimento
Che debellano tenaci i dislivelli creati
Dalla ironia della follia!
Unica arma che acceca
La guerra dell’individualità
Quell’orizzonte personale
Che all’ombra dell’inferno materiale
È costretta a decantare
Ciò che l’anima ha da dire
E non s’arrende, assetata dal bisogno
Di Parole, che sanno ascoltare,
di Parole che tingono di bianco la pace,
di Parole che sciolgono i nodi
delle catene di sangue,
di Parole che corrodono ragnatele
di legami andati,
di Parole che accolgono tiepide
lo sguardo, attonito, della nicchia lunare
dove il messaggio fraterno
dell’uguaglianza a colori
ancora regna incolume
dalle scorie dell’umanità:
Mariateresa Giustiniano
Opera 10^ classificata
Cristalli d’inde sull’oceano dell’eterno
Taci, Stordiscimi con i tuoi
Sguardi, stillanti ardenti braci
E sfumanti nugoli d’oblio.
La notte cosparge delle sue stelle
D’argento, il sinuoso ventre del
Tempo, chino, per incanto,
sull’oceano dell’eterno.
Rassomiglia all’anima il sibilo
Del vento, intrappolato in cristalli
D’onde, affannosamente sopulanti,
in distorsioni percettive.
Orfani di complici sguardi,
siamo voci che si fondono
in un sol battito e come
acqua e terra, non siamo
che fangoso amalgama
si malinconica, struggente,
dolcezza.